La battaglia di Montenotte talvolta chiamata anche battaglia di Cosseria fu combattuta tra l'11 e il 12 aprile 1796 tra le truppe Austriache della prima coalizione, comandate dal generale Jean-Pierre de Beaulieu e quelle francesi dell'Armata d'Italia, comandata dal generale Napoleone Bonaparte, inviato in Italia dal Direttorio per contrastare la politica antirivoluzionaria e antifrancese degli Asburgo. Dopo un'aspra lotta si concluse con la vittoria dei francesi.
Lo studio dei fatti militari della prima campagna d'Italia è difficile per diverse ragioni. I resoconti francesi risultano alterati dalla propaganda Bonapartista; quelli austriaci sono di consultazione assai difficile per accessibilità archivistica e interpretazione dei manoscritti, inoltre non si dispone di cronache di osservatori neutrali confrontabili con le relazioni ufficiali. Ad ulteriore complicanza tra l'aprile e il maggio 1796 avvenne nell'esercito francese quello che fu chiamato il “secondo amalgama” con la fusione di vecchie unità in nuovi reparti e conseguenza la variazione del numero d'ordine delle mezze-brigate che, tuttavia, nei resoconti ufficiali vengono denominate, per alimentare la confusione, sia con le vecchie che con le nuove modalità. Tutte le unità francesi sono indicate in questa voce con il vecchio numero d'ordine.
Premessa
Nel marzo 1796 l'armata francese d'Italia forte “sulla carta” di circa 60.000 uomini di cui solo 37.000 pronti a combattere occupava la riviera ligure da Nizza a Savona con avamposti spinti sino a Sampierdarena.
La Repubblica di Genova, con poche migliaia di armati concentrati nella Capitale e nei forti di Savona e Gavi aveva preferito mantenersi neutrale (nonostante l'invasione del suo territorio).
I francesi erano contrastati dalle truppe piemontesi del Re di Sardegna e da quelle alleate dell'Imperatore Austriaco che schierava l'Armata di Lombardia.
Le prime, forti di circa 48.000 uomini presidiavano i passi alpini dalla Val d’Aosta sino al Colle di Tenda e la sponda sinistra della valle del Tanaro sino al caposaldo di Ceva spingendosi con alcune unità avanzate su Cengio, Millesimo e Cairo.
Le seconde avevano occupato tutti i valichi dell'Appennino compresi tra la località di Dego in Val Bormida sino al Passo della Bocchetta, alle spalle di Genova; contavano circa 30.000 uomini la maggior parte dei quali ancora acquartierati negli accampamenti invernali di Acqui, Alessandria e Pavia.
Il neo comandante in capo dell'Armata d'Italia, il generale Bonaparte raggiunse Albenga in data 3 aprile 1796; l'unica iniziativa presa dal generale Scherer, suo predecessore, in quattro mesi di inattività, prevedeva l'avanzata della divisione del generale Masséna (15.000 uomini) lungo la strada costiera in direzione di Genova in previsione di un movimento a seguire di tutta l'armata. Questa mossa esponeva, pericolosamente, il fianco al nemico che, se sceso dalle valli, avrebbe potuto spezzare facilmente lo schieramento francese.
Bonaparte cancellò la strategia di Scherer e ordinò alle truppe già in movimento tra Savona e Sampierdarena di ripiegare in fretta su Savona.
Perché combattere a Montenotte?
Montenotte era allora una piccola comunità agricola, territorio del Regno di Sardegna situato giusto al confine con la Repubblica di Genova e a soli 13 chilometri da Savona. Era costituita da un nucleo abitato centrale (tre case e una cappella rurale) già sede di un antico “rastrello” daziario e, soprattutto, da numerose imponenti masserie sparse nei boschi circostanti.
Era la prima stazione di tappa su una delle strade che da Savona conduceva verso le Langhe ed era anche un nodo viario importante perché collegava la Superba Repubblica sia con i paesi della Valle Bormida (Altare, Carcare, Cairo), sia con quelli della Valle del Valla (Giusvalla, Dego, Pareto, Spigno) sia con quelli della Valle dell'Erro (Pontinvrea, Mioglia e Sassello territorio genovese).
Già nel 1747 durante le operazioni militari della Guerra di successione austriaca, il luogo fu presidiato da truppe Piemontesi, Spagnole ed Austriache; assai probabilmente fu in questo periodo che venne realizzata la ridotta del Castellazzo (oggi noto come Bric del Tesoro) ancora oggi ben visibile all'interno del Parco dell'Adelasia e le due note ridotte di Monte Negino nonché una strada cannoniera che dalla Val Bormida consentiva il transito di cannoni pesanti per l'assedio di Savona).
Sappiamo inoltre che Montenotte nel maggio/giugno 1795 fu occupata stabilmente dalle truppe Imperiali che vi transitarono anche nel novembre dello stesso anno ritirandosi in Lombardia a seguito della sconfitta di Loano.
Era pertanto un luogo ben conosciuto dai generali austriaci.
I preparativi
Il 7 aprile in Alessandria, ove aveva sede il comando supremo imperiale, il comandante in capo austriaco Barone di Beaulieu si decise a muovere l'offensiva contro i francesi: il piano prevedeva l'avanzata dell'Armata di Lombardia verso la costa ligure su due colonne di manovra onde prendere il nemico in una classica “tenaglia”.
Una prima colonna costituita dalla divisione del Generale Sebottendorf forte di 8000 uomini su 11 battaglioni doveva muovere su due direttrici: a) da Novi per il Passo dei Giovi su Sampierdarena; b) da Ovada per il Passo del Turchino su Voltri.
L'obiettivo affidato al Generale Sebottendorf era quello di fermare e respingere l'avanzata francese verso Genova.
La seconda colonna formata dalla divisione del Generale d’Argenteau forte sulla carta di 16.000 uomini muovendo da Sassello Cairo e Dego doveva occupare Savona e sorprendere alle spalle quella che si credeva essere la retroguardia dell'armata nemica.
La divisione Argenteau aveva tuttavia due punti deboli:
Il primo era la dispersione territoriale delle unità in campo, la maggior parte delle quali erano ancora in marcia da Alessandria e da Acqui verso i tre punti di raccolta: il risultato fu che solo 10 battaglioni (circa 8000 uomini) poterono essere immediatamente impiegati.
Il secondo era la fama di pessimo comandante che il Conte Eugenio Alessio Guglielmo Mercy d’Argenteau si era guadagnata in almeno due occasioni recenti. Lo stesso Beaulieu (entrambi erano valloni e ben si conoscevano) aveva cercato invano di “silurare” il suo sottoposto; in funzione del casato nobiliare a cui il d'Argenteau apparteneva, questi godeva di vasti privilegi presso la corte di Vienna e di simpatie presso quella di Torino e comunque la commissione d'inchiesta nominata dal generale De Vins (predecessore del Beaulieu) non aveva riconosciuto il d'Argenteau responsabile della sconfitta subita a Loano nonostante la precipitosa ritirata dei suoi battaglioni di fronte al nemico. Il d'Argenteau, a 57 anni “suonati” era forse consapevole di giocarsi l'ultima occasione per mettersi in luce come generale. (Nonostante la corte marziale e alcuni anni di emarginazione sappiamo che partecipò alla seconda battaglia di Caldiero del 1805 al comando di una brigata: aveva 66 anni!).
Movimenti austriaci
Il 9 aprile il d’Argenteau, di fronte all'ordine perentorio di avanzare entro il giorno seguente reagì senza troppa convinzione: come sappiamo non aveva tutti i torti. Aveva a disposizione solo 10 battaglioni così dislocati: 4 a Sassello (reggimenti IR n. 24 Barone Preiss, IR n. 23 Granduca di Toscana, IR n. 25 Conte Brechainville, e confinario Karlstaadter), 1 a Pareto (reggimento IR n. 19 Barone Allvinczy), 2 tra Mioglia e Giusvalla (1º e 2º battaglione reggimento IR n. 52 Arciduca Antonio), 1 a Dego (reggimento IR n. 50 Conte Stain), 1 a Cairo (reggimento IR n. 49 Conte Pellegrini), 1 in viaggio tra Acqui e Pareto (reggimento IR n. 16 Barone Terzy) per un totale come si è detto di 8000 uomini (circa l'organico è opportuno precisare che nessuno dei reparti suddetti era a ranghi completi; circa la denominazione delle unità queste venivano identificate sia dal numero d'ordine - IR sta per reggimento di fanteria - sia dal nome del cosiddetto proprietario - esponente dell'aristocrazia militare asburgica).
Si trattava di forze oggettivamente insufficienti per un'azione militare con un buon margine di riuscita.
Domenica 10 aprile all'alba, d’Argenteau partì a cavallo da Pareto, ove aveva posto il suo comando tappa, e mosse con pochi uomini di scorta una puntuale ricognizione sul Montenotte. Nonostante la nebbia abbondante sui crinali e le foschie di fondovalle rendessero difficile valutare esattamente la situazione, Montenotte in effetti si rivelò una facile preda, presidiata com'era da scarse truppe nemiche.
Alle ore 3 di mattina del giorno seguente 11 aprile i battaglioni Imperiali postati a Cairo e Dego (al comando del subalterno generale Ruccavina) e Pareto, Giusvalla e Sassello ricevettero l'ordine di mettersi in marcia verso il loro destino.
Le truppe di Sassello, prive del loro comandante di brigata Generale Liptay, assente per malattia, non superarono il Passo del Giovo.
Non è ben chiaro il motivo tattico che spinse le truppe ad indietreggiare: in effetti il passaggio del colle del Giovo (presso la ridotta della Galera) era difeso da 1000 francesi della 14ª mezza brigata provvisoria (la quale già richiesta di rinforzo dal generale Massena era giunta da Albenga precipitosamente solo il giorno precedente).
Gli austriaci (due battaglioni per circa 1500 uomini; gli altri due battaglioni presumibilmente rimasero a Sassello per coprire eventuali aggiramenti nemici dalla parte del Monte Beigua) tornarono inspiegabilmente indietro senza riuscire a ricongiungersi con il d'Argenteau. Questo dubbio episodio sarà una delle tante cause della sconfitta.
Schieramento delle unità francesi della divisione Massena al 10 aprile. In ritirata lungo la costa tra Varazze e Voltri erano le due mezze brigate di linea 70^ e 99^ forti di circa 4300 uomini al comando del Generale Cervoni incalzate dalla colonna austriaca del Generale Sebottendorf. Presso il Passo del Giovo in Valle Sansobbia come si è detto erano 1000 uomini della 14ª mezza brigata provvisoria.
A Montenegino presso Montenotte vi erano 1300 uomini della 1ª mezza brigata leggera. Alla Madonna di Savona erano del tutto casualmente 900 uomini della 21ª mezza brigata in transito verso la Valle del Sansobbia.
Al Colle di Cadibona erano i restanti 2000 uomini della 21ª mezza brigata di linea. A Legino e Quiliano erano accampati 2400 uomini dell'8^ mezza brigata leggera. A Savona dislocati in città e sulle alture vi erano circa 3000 uomini di varie unità. Per un totale indicativo di 16000 uomini.
Movimenti austriaci dell'11 aprile
Riunite le sue forze a Montenotte (cinque battaglioni per circa 3700 uomini più tre compagnie del Corpo franco Giulay per circa 300 uomini) alle ore 12.00, il d’Argenteau si diresse verso Savona incontrando la scarna resistenza dei picchetti francesi in ripiegamento.
La strada tuttavia diventò difficile a Montenegino località a circa tre chilometri a sud di Montenotte; qui i francesi della 1ª mezza brigata leggera appoggiati dai 900 uomini della 21ª di linea avevano riadattato due vecchie ridotte spagnole che dominavano la posizione.
Il caposaldo situato sul crinale tra le Valli del Sansobbia e del Letimbro era tatticamente molto forte poiché costringeva l'attaccante ad avanzare su di uno stretto terreno scoperto (il crinale stesso) con strapiombi ai due lati tali da non consentire un facile aggiramento mentre i difensori erano ben protetti dalle trincee della ridotta.
I francesi erano perfettamente consapevoli di dover lottare contro il tempo; infatti se gli austriaci fossero riusciti a sfondare la posizione entro la sera del giorno 11, la sorte di tutta l'armata sarebbe stata compromessa.
Respinsero strenuamente tre assalti austriaci, l'ultimo dei quali portato da 200 volontari del battaglione reggimento IR n. 19 Barone Allvinczy che si fecero letteralmente massacrare dal piombo francese.
Calata la sera il d'Argenteau, sorpreso dall'imprevista resistenza nemica, invece di sfruttare le tenebre a suo favore preferì risparmiare gli uomini e rimandò l'attacco decisivo all'indomani. Nottetempo giunsero da Dego due cannoni che con la luce del giorno avrebbero dovuto spazzare via le ridotte.
Le truppe si accamparono sotto le stelle e passarono la notte alla mercé della pioggia con l'arma al braccio.
Il generale sapeva, inoltre, che il suo fianco destro era troppo esposto ad azioni nemiche provenienti da ovest; tuttavia per difenderlo stabilì solo due avamposti di circa 300 uomini l'uno.
Le staffette mandate in cerca dei battaglioni di Sassello non tornarono: il resto della divisione era distante molte ore di marcia.
A notte fatta giunse da Pareto il battaglione Terzy con i suoi 800 uomini stanchissimi che subito furono inviati a presidiare la grande ridotta del Castellazzo/Bric Tesoro.
Epilogo
Nella notte tra il giorno 11 e 12 aprile 4000 uomini della brigata del Generale Cervoni ripiegarono in poche ore da Voltri a Savona.
Appena il tempo di lasciarsi cadere addormentati per le vie della città che subito furono inviati al Santuario della Madonna insieme con le altre unità del presidio.
Nello stesso momento altre truppe salite a lanterne spente da Quiliano e Legino su Cadibona raggiunsero Altare e da lì si diressero verso Montenotte.
L'alba del 12 aprile svelò agli occhi dei 1200 ungheresi del Reggimento Arciduca Antonio oltre 7000 francesi sui pendii di Montenegino.
Contemporaneamente altri 4500 francesi guidati dal Generale Massena assaltarono alla baionetta il fianco destro austriaco e facendo letteralmente scappare a gambe levate tutte le scarse truppe che incontrarono compreso il battaglione Terzy sul Monte Castellazzo.
Il rapporto di forze fu completamento ribaltato a favore francese: 11500 contro 4800. D'Argenteau abbozzò un contrattacco attraversando il vallone di Montenotte alla testa del battaglione Allvinczy ma fu presto costretto a riguadagnare i suoi passi.
Le truppe imperiali tentarono una resistenza sulle pendici di Monte San Giorgio ma furono costrette a ripiegare prima a scaglioni e poi disordinatamente lungo la strada di fondovalle. Una compagnia del reggimento IR n. 52 Arciduca Antonio (l'ultima dello schieramento) fu presa prigioniera presso la località Naso di Gatto; l'ultima compagnia del battaglione reggimento IR n. 19 Barone Allvinczy rimasto di retroguardia, fu presa prigioniera presso la località Cà dell'Isola. Le restanti compagnie del battaglione dovettero aprirsi la strada combattendo presso il ponte sull'Erro in località Ferriera perdendovi la bandiera.
I resti dei battaglioni Pellegrini e Stain ripararono a Dego; D'Argenteau rientrò a Pareto con i resti del battaglione Allvinczy e Terzy; i battaglioni Arciduca Antonio ridotti a 500 uomini si ritrovarono a Mioglia; molti dei dispersi, come succede dopo una sconfitta, si diedero alla fuga in tutte le direzioni (alcuni riuscirono a raggiungere la costa a Cogoleto riunendosi con le truppe imperiali a Voltri).
Alle nove del mattino la battaglia era finita; sappiamo che i francesi spogliarono i caduti di entrambe le parti per recuperare le armi e qualsiasi altra cosa utile; i contadini di Montenotte andarono con le loro carrette trainate dai buoi a recuperare i corpi dei caduti per gettarli nella fossa comune.
Nei rapporti di stato maggiore gli austriaci lamentarono 166 morti (di cui 4 ufficiali) 114 feriti (di cui 6 ufficiali) e 416 dispersi (fra cui 7 ufficiali) probabilmente i catturati. I rapporti francesi non hanno la stessa attendibilità; tuttavia è ragionevole pensare che i loro caduti e feriti non abbiano superato il numero di un centinaio. Il 13 aprile fu combattuta la Battaglia di Cosseria; il 14 e 15 aprile quella di Dego.
Bibliografia
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- A. Biancotti, Cosseria e le campagne di guerra dal 1793 al 1796, Torino, Società Subalpina Editrice, 1940.
- V. Krebs e H. Moris, Campagnes dans les Alpes pendant la Revolution, d'apres les archives des Etats-majors francais et austro-sarde, Paris 1891-95
- F. Bouvier, Bonaparte en Italie 1796, Paris 1899
- J.B. Schels, Oesterreichische Militarische Zeitschrift, Bd. 2 1822
- Cosseria 1796, guerra, popolazione, territorio, Torino, Omega Edizioni, 1996
- M. Boycott-Brown, The road tho Rivoli - Napoleon's first campaign, London 2001
Voci correlate
- Battaglia di Millesimo, seconda battaglia di Dego, battaglia di Mondovì, Repubblica di Alba, Armistizio di Cherasco
- Repubblica Ligure
- Repubblica Piemontese
- Repubblica Subalpina
- Repubblica Cispadana
- Repubblica Transpadana
- Repubblica Cisalpina
- Regno di Sardegna (1720-1861)
- Repubblica Italiana (1802-1805)
- Regno d'Italia (1805-1814)
- Stati italiani preunitari